Vita di Volta
Leggere la vita di Volta ci consente di scoprire le caratteristiche personali e le esperienze che gli hanno permesso di diventare lo scienziato che con le sue scoperte ha influenzato larga parte della scienza moderna.

1745

La giovinezza
Alessandro Volta, figlio del patrizio comense Filippo e di donna Maddalena dei Conti Inzaghi nasce a Como il 18 febbraio del 1745. A Brunate, nella casa dell’artigiano Ludovico Monti costruttore di barometri, trascorre i primi anni di un’infanzia piuttosto preoccupante a causa di uno sviluppo linguistico così tardivo da far temere che dovesse rimanere muto; ma, sia pur lentamente, arriva alla scioltezza di parola all’età di sette anni.
Dopo gli studi elementari compiuti in famiglia, frequenta, a 13 anni, le scuole dei padri gesuiti di Como e successivamente lo zio Alessandro, che dopo la morte del padre si occupa dell’educazione del ragazzo, lo affida alle scuole del Seminario. Vani risultano i tentativi di padre Gerolamo Bonesi di avviarlo al sacerdozio: così come inutili si rivelano gli sforzi dello zio per fargli intraprendere gli studi giuridici.
Già a 7 anni aveva cominciato inaspettatamente a rivelare una viva curiosità verso i fenomeni naturali, al punto che, nell’ansia di trovare alcune pagliuzze lucenti che, a detta dei contadini del luogo, dovevano essere d’oro, rischia di annegare nella fonte di Monteverde, presso Camnago.
Volta legge le opere dei maggiori scienziati dell’epoca e ad appena 18 anni espone le proprie idee con alcune lettere indirizzate a Nollet e a Beccaria, dimostrando di avere già una solida preparazione sugli argomenti che discute e un singolare spirito di osservazione. Autodidatta nella formazione scientifica, senza “altra direzione, se non quella, dell’indagator suo talento”, ha come maestri soltanto i libri, gli esperimenti e il suo genio; e sono maestri straordinari per lui, essendo dotato di fortissimo ingegno e incline alla meditazione.
1762
Gli esperimenti con Gattoni
Forse una vecchia padella e la cucina di casa furono il primo strumento di fisica e il primo gabinetto sperimentale di Volta: egli infatti, tra il ‘62 e il ‘65 compie i suoi primi studi sull’elettricità, esegue i più semplici esperimenti di elettrostatica, per i quali non occorrono che alcuni oggetti di poco costo: fili, panni di seta o di lana, pezzi di resina. di zolfo, e si dedica a quelle “fritture di assicelli e bastoncini di legno”, fatte nell’olio, con lo scopo di renderli isolanti.
A partire dal 1765 e per molti anni, si serve del laboratorio che il Gattoni, suo amico d’infanzia, realizza presso la propria dimora e mette generosamente a sua disposizione. Cerca, ambiziosamente, il confronto con la cultura europea del tempo e con i maggiori esponenti che in campo scientifico la rappresentano, attraverso contatti diretti e scambi con altre scuole, e a soli 24 anni scrive la sua prima memoria ‘De vi attractiva ignis electrici, ac phaenomenis inde pendentibus’. Nei suoi rapporti scientifici, pur conoscendo bene il latino, egli utilizza – a parte i primissimi lavori – prevalentemente l’italiano e il francese; spesso i suoi scritti hanno la forma della “memoria epistolare”.
1774 -1778

La cattedra a Pavia
Nel 1774, per interessamento del Conte Firmian, governatore di Lombardia, entra nell’insegnamento come sopraintendente (o reggente) delle pubbliche scuole di Como; è la prima carica pubblica, in verità abbastanza modesta se si considera che in quest’epoca ha già raggiunto una considerevole notorietà nel mondo scientifico. L’anno successivo viene nominato professore stabile di Fisica Sperimentale nel Ginnasio di Como.
Nel 1778 è chiamato all’Università di Pavia, dove la cattedra di fisica, già tenuta da padre Carlo Barletti, viene scissa in quella di fisica sperimentale, che è affidata a Volta, e in quella di fisica generale, che rimane al Barletti. Le lezioni di Volta sono talmente affollate che si renderà necessaria la costruzione di un nuovo e più ampio teatro di fisica. Il prestigio che ormai ha raggiunto lo colloca in quel gruppo di eminenti personalità di “chiara fama”, che il governo di Vienna ha voluto coinvolgere nell’ambito della riforma e del rilancio dell’Università.
1777-1786
I viaggi in Europa
A quel tempo, gli italiani viaggiavano molto poco sottraendosi, provincialmente, al confronto con le altre culture. Volta, contrariamente ai suoi compatrioti e in particolare a molti suoi colleghi, cercava il confronto con altri, senza remore o complessi. Nel 1777, dunque, con l’approvazione e l’appoggio del Firmian e del Kaunitz, compie il primo dei viaggi a scopi scientifici in Svizzera, Alsazia e Savoia. Partendo in compagnia del conte Giovio, porta con sé strumenti fisici per il rilievo delle altitudini, delle pressioni barometriche e della salubrità dell’aria, calamite per la ricerca di minerali di ferro oltre, s’intende, agli strumenti da lui recentemente inventati.
A seguito della scoperta della “aria nativa delle paludi” inventa una serie di strumenti e di apparecchi tra cui la così detta “pistola di Volta” e il moschetto, con il quale. si racconta, andava a caccia di uccelli nella campagna di Campora, presso Como.
Tra il 1781 e il 1782 viaggia in Europa attraverso Savoia, Svizzera, Germania, Belgio, Olanda, Francia e Inghilterra: nel 1784, sollecitato dal Kaunitz, parte in compagnia del collega Antonio Scarpa, per un altro viaggio in Germania e Austria, sempre con lo scopo di reperire nuova strumentazione e di avvicinare gli scienziati di quegli Stati. Al suo ritorno è nominato rettore dell’Università di Pavia per l’anno accademico 1785/86.
Nei soggiorni parigini riesce rapidamente a intessere cordiali relazioni con i maggiori scienziati francesi del tempo e a entrare nelle grazie di alcune brillanti dame di quella città, quale Madame le Noir de Nanteuil: era “sovente a pranzo” e passava “soirées à ecrire” con Madame “che studia con ardore la Fisica!”
1780 - 1790
L’uomo e lo scienziato
Le ricerche compiute durante gli anni ottanta in meteorologia elettrica, elettrologia, calorimetria, geologia e chimica dei gas, gli consentono di affermarsi come uno dei più illustri scienziati di livello europeo. Egli ha una grande sicurezza di sé.
Questa, oltre che fatto interiore, forse è anche legata all’essere uomo forte e di bell’aspetto, di straordinaria ricchezza, vitalità e attività. Ha una mente vulcanica, grande esuberanza e spirito intraprendente. Come scienziato, sente il bisogno di dire agli altri ciò che pensa, apertamente e senza riserve, e di sentire l’opinione dei suoi interlocutori.
Era descritto da tutti come “uomo affascinante, di conversazione affabile, interessante e gioviale”. George Christoph Lichtenberg (1742-1799), professore di fisica a Gottinga e suo buon amico, diceva di lui: “… molto allegro nel momento giusto, si esprime eccellentemente, discute intensamente, impreca quando i suoi esperimenti non vanno come dovrebbero e sorride in modo indescrivibilmente piacevole quando gli vanno bene”.
“Quando egli una volta pranzò da me, mi venne in mente un indovinello, che gli proposi. Eravamo molto allegri e queste cose succedevano molte volte. Gli chiesi se conosceva la maniera più semplice per vuotare dall’aria un bicchiere senza una pompa d’aria, Quando egli disse no, presi un bicchiere da vino che era pieno d’aria come tutti i bicchieri da vino vuoti e lo riempii di vino. Allora egli ammise che era vuoto d’aria, poi gli mostrai la maniera migliore per far entrare di nuovo l’aria senza violenza e bevvi il vino fino all’ultima goccia. Il tentativo fallisce rare volte se viene fatto bene. Gli piacque non poco e lo facemmo varie volte”.
Una qualità preminente in Volta fu, a detta di tutti i suoi biografi, la modestia. «Questo celebre uomo – scrive Francesco Mochetti – portò fino alla tomba l’umiltà dello scolaro. Però [perciò] non isdegnava i consigli de’ suoi amici in quelle stesse materie, nelle quali egli era sovrano maestro; e sedette perfino confuso tra’ giovani uditori, dov’io già suo scolaro tentava il difficile esperimento della congelazione del mercurio; e vedutolo riuscire a buon fine, ne mostrò quella gioia sincera e cordiale con cui l’uomo dabbene riabbraccia l’amico non veduto da gran tempo. Nessuno […] ebbe mai a dolersi di lui, come vantatore importuno delle sue scoperte, anzi nemmeno come desideroso di volgere i consueti discorsi a quelle materie, nelle quali avrebbe potuto esser primo, e far pompa del suo ingegno e delle sue cognizioni».
1794

Il padre di famiglia
Donna Teresa Ciceri, una cara confidente e autorevole consigliera, spesso gli ricordava il suo dovere di perpetuare la stirpe: “Tra preti, monache e scapoli voialtri Volta potrete popolare il paradiso, ma quanto alla terra ne farete un deserto!”
E così Alessandro Volta nel 1794 sposa Maria Teresa Alonsa Peregrini, la quale, con i figli Zanino, Flaminio e Luigi, rimarrà sempre al centro dell’attenzione dello scienziato, padre di famiglia: e anche nei momenti di massima gloria egli scrive: “… In mezzo a tante cose, che devono certo farmi piacere, e che sono fin troppo lusinghiere, io non m’invanisco a segno di credermi di più di quel che sono e alla vita agitata da vana gloria preferisco la tranquillità e la dolcezza della vita domestica. Quindi è che sospiro di restituirmi a casa, per abbracciare i cari figli, e tutti voi. Ma temo che non sarà così presto … Salutate tutti di casa. Dite molte cose di me ai figli. State allegra. Vi abbraccio, e sono Vostro affezionatissimo Marito”.
Aveva avuto, in precedenza, un affettuoso rapporto con la cantante di teatro Marianna Paris, che egli avrebbe sposato se non fosse prevalso il parere contrario dei familiari.
1799
La scoperta della pila
Alessandro Volta afferma: “Questo è un gran passo [sommabilità delle tensioni delle coppie metalliche con interposti conduttori umidi] da me fatto sulla fine del 1799, passo che mi ha condotto ben tosto alla costruzione del nuovo apparato scuotente, ecc.; il quale ha cagionato tanto stupore a tutti i Fisici; a me grande soddisfazione, ma stupore non molto dopo l’anzi detta scoperta, che mi promettea bene un tal successo”.
Il 20 marzo 1800, Volta invia a Sir Joseph Banks una lunga lettera che viene letta in una adunanza, rimasta celebre, della “Royal Society” e poi pubblicata sulla rivista “Philosophical Transaction…”. La lettera e il successivo lavoro contengono la notizia dell’invenzione della pila; Volta descrive con grande chiarezza, e senza particolari preamboli, “l’organo elettrico artificiale”, solo in seguito chiamato pila, e lo presenta come ricostruzione “dell’organo elettrico naturale” della torpedine.
1800-1819
Premi e riconoscimenti
Su proposta di Napoleone, nel 1801, gli viene assegnata una medaglia d’oro e nel 1805 una pensione annua sulla mensa del vescovado di Adria. Successivamente è nominato Cavaliere della Legione d’Onore (1805), Cavaliere dell’Ordine Reale Italiano della Corona Ferrea (1806), Senatore del Regno d’Italia (1809) e quindi Conte del Regno d’Italia (1810). Alla caduta di Napoleone, rimane coinvolto a Milano in un tumulto politico e a stento riesce a sottrarsi alla violenza degli insorti filo-austriaci (1814).
La Restaurazione austriaca (1814-1815) non gli crea serie difficoltà: il Governo dl Vienna lo richiama a Pavia in qualità di Direttore degli studi filosofici dell’Università. Egli si ritira gradualmente dalla scena e definitivamente cinque anni dopo (1819).
1827
Morte
Muore, dopo una breve malattia, il 5 marzo del 1827, all’età di 82 anni.